Chi segue il mondo delle fragranze ne avrà già sentito parlare mentre chi frequenta le profumerie occasionalmente forse lo noterà tra un po’, ma oramai tutte le grandi case fragranziere hanno lanciato “tecnologie” ispirate alle neuroscienze per creare profumi capaci di evocare sensualità, o emozioni piacevoli, stimolare o migliorare l’umore. Tutto, dicono, con progetti testati scientificamente, spesso anche in collaborazione con istituti di ricerca, e con algoritmi basati su intelligenza artificiale. L’intero repertorio delle Neurocose in pompa magna.
È interessante? Non saprei, mi viene chiesto spesso, ma non sta a me dirlo, nel senso che non è un quesito scientifico ma per il reparto marketing semmai. E non c’è davvero un modo edulcorato per spiegarlo, o almeno io non riesco a trovarlo, ma dal punto di vista prettamente scientifico di interessante c’è poco e, soprattutto, nulla di davvero nuovo.
Che gli odori, e quindi anche i profumi, abbiano una via di accesso privilegiata alle nostre reazioni più emotive, legate a ricordi e a sensazioni viscerali, è cosa nota da anni. Che alcuni odori e fragranze riescano a farci sentire più a nostro agio mentre altre disturbarci, che alcune abbiano su di noi un effetto calmante e altre ci mettano in uno stato di pace mentale che favorisce la concentrazione, è pure documentato e lo sappiamo da molto tempo – come del resto avviene, per esempio, quando ascoltiamo la musica: con meccanismi leggermente diversi, ma anche certe canzoni o brani musicali riescono ad avere un forte impatto sul senso di benessere percepito e innescare fiumi di memorie/emozioni in chi ascolta; eppure nessuno si è ancora messo a vendere dischi dopo averne “testato scientificamente” l’impatto emotivo, e non sono ancora state messe sul mercato neuro-canzoni o playlist “science-approved” per sentirsi più in armonia con se stessi. Ognunə ascolta ciò che preferisce (ma forse è solo questione di tempo, se voi ne conoscete segnalatemelo. Nota: qui non mi riferisco al suono di campane tibetane per meditare e cose simili, altro capitolo da discutere a parte).
Perché con i profumi è diverso? Perché se ci presentano un flacone con una fragranza “testata” per far provare gioia e benessere sospendiamo il giudizio e siamo dispostə a crederci?
Perché quando annusiamo qualcosa inaliamo molecole odorose, è un atto che ci fa più o meno attivamente introdurre qualcosa nel nostro corpo. Anche se le dosi sono irrisorie, il cervello si allerta perché nota l’odore, che, al contrario, può essere una sensazione molto intensa anche a bassissime concentrazioni.
E poi perché quando assumiamo qualcosa, inalandola o ingerendola, ci aspettiamo inconsciamente un “effetto”; avviene anche con il cibo, spesso descritto e considerato, infatti, “nutriente” (e per ora sorvolo sulla deriva legata ad alimentazione e integratori).
Esagerata dirai. E invece è tutto collegato. Lo chiamano libero mercato.
E ora che mi sono guadagnata la simpatia di moltə, cercherò di articolare un po’ meglio il mio discorso.
Con questo numero vorrei lanciare dei semi virtuali, semi di ragionamento e dialogo per capire insieme alcuni meccanismi della comunicazione e della ricerca, applicati in questo caso ai profumi. Penso sia importante chiarire questi punti, perché una volta capite quali sono le domande che devi farti di fronte al prossimo annuncio o lancio di un prodotto “testato scientificamente”, sparai anche probabilmente darti una risposta, o quanto meno orientarti meglio.
Partiamo dall’inizio.
La percezione dell’olfatto in pochi punti
Una volta stimolati i ricettori olfattivi nel naso, parte una cascata di segnali molecolari e poi la risposta elettrica dai neuroni olfattivi che arriva subito al cervello. Prima stazione: il bulbo olfattivo.
Da qui il segnale viene mandato a diverse aree cerebrali, diversamente da quanto avviene con gli altri sensi. L’olfatto segue una via, per così dire, più viscerale, arriva alla corteccia olfattiva primaria e alle regioni limbiche del cervello. Quelle evolutivamente più antiche e legate alle nostre risposte istintuali.
Il segnale arriva anche all’amigdala, responsabile delle risposte emotive, e delle reazioni di paura, fuga o attacco. E arriva all’ippocampo, importante per la memoria.
Lo stimolo odoroso perciò viene spesso associato all’emozione provata durante una data esperienza, ed è questa sensazione emotiva che rimane impressa nella memoria.
Per via di questo legame diretto e profondo, quando annusiamo qualcosa, soprattutto se non ci è molto familiare, ci allertiamo e cerchiamo di capire di cosa si tratti; oppure ci rilassiamo perché lo riconosciamo, ci piace o ci ricorda qualcosa di familiare.
Questo succede più o meno a tutte le persone, ciò che cambia è quale odore o profumo evocherà tali sensazioni. Ogni persona ha le proprie esperienze, fa le proprie associazioni mentali e ha i propri gusti. Inoltre il contesto socio-culturale, ciò a cui si è abituati, marcano e influenzano la valenza di tali sensazioni, positive o negative.
Le indagini di mercato
Dal momento che ogni persona ha reazioni personali a un profumo, diventa molto difficile a volte prevedere la sua reazione. Anche perché il contesto in cui si annusa contribuisce ulteriormente a questo effetto: tipicamente nelle spa, dove si va per rilassarsi, vi è un’atmosfera calma, accogliente, una musica di sottofondo piacevole e una profumazione, spesso a base di oli essenziali, che rimarca questo contesto. Abbiamo ormai imparato ad associare questo odore a questo contesto rilassante. Viceversa, in un centro commerciale, il profumo usato da alcuni negozi risolta più chiassoso, perché si va ad associare a un contesto già di per sé più affollato o pieno di stimoli diversi.
Chi produce profumi naturalmente ha interesse ad assicurarsi che il proprio lancio abbia successo e piaccia al maggior numero di persone possibile. Come fare?
La cosa più semplice ed efficace è chiedere alle persone cosa preferiscono. Semplifico un po’, ma di fatto le indagini di mercato su larga scala servono anche a questo. Si mappa con precisione il gruppo di riferimento, tenendo in considerazione anche fattori come età, contesto sociale, zona geografica, ecc.
Siccome noi umani siamo poi alla fine abbastanza conservatori nei nostri comportamenti, e mediamente seguiamo abbastanza “le mode”, emergeranno dei tratti in comune e delle tendenze nella preferenza e gusti del gruppo di persone preso in considerazione.
A partire da queste informazioni, si sviluppano così alcuni dei nuovi lanci. In questo senso, per esempio, l’uso di programmi di intelligenza artificiale e simulazioni può essere utile, perché permettono di analizzare velocemente librerie di dati molto ampi e riuscire a fare previsioni a volte abbastanza accurate. E questo è uno delle possibili applicazioni di nuovi strumenti di analisi.
Il ruolo delle neuroscienze
Dicevo all’inizio che molte di queste nuove tecnologie, spesso anche brevettate, sono state sviluppate appoggiandosi a tecniche neuroscientifiche. Che significa? Che, tendenzialmente hanno fatto una serie di test, facendo annusare a un campione di persone una serie di fragranze (semplifico un po’ per capirci), e ne hanno misurato diversi parametri e reazioni: cambiamento delle onde cerebrali, grado di rilassamento, in alcuni casi magari hanno misurato il livello di cortisolo e ormoni dello stress nel sangue o nella saliva, e cose così. Alla fine sono giunti a selezione alcune formulazioni di profumi che davano, nelle persone o nelle simulazioni fatte, il risultato desiderato: calma, relax, concentrazione, ecc.
È per alcuni aspetti un approccio simile all’aromaterapia, in cui determinati odori (non parlo qui delle assunzioni orali o di altri prodotti) dovrebbero aiutare a modulare alcune sensazioni: di nuovo, rilassamento, ansia, focus, ecc.
Qual è il punto di questi studi? Dicevamo all’inizio, il profumo già di per sé si porta dietro culturalmente l’idea che influenzi il nostro comportamento, possa farci stare bene, farci sentire più sensuali e via dicendo. E abbiamo già visto che il legame con le nostre emozioni c’è. Questi studi sono in fondo, la versione in veste scientifica dei sondaggi di gradimento. Invece di chiederti direttamente come ti fa sentire un profumo, ti faccio vedere che questo tuo gradimento è visibile anche da alcune reazioni fisiologiche del tuo corpo.
Ma tu, per sapere che ti senti rilassatə o più concentratə hai bisogno di qualcuno che te lo dica o di vederlo scritto da qualche parte?
Apro una parentesi – sto andando un po’ a flusso di coscienza, ma come dicevo questo post serve a lanciare semi o metterti la pulce nell’orecchio.
Anche questo riflette la nostra società e un certo mercato che ci sprona a monitorare qualunque aspetto della nostra vita, dal contapassi sul cellulare, al sistema per seguire il ciclo mestruale, ai conta calorie, ecc. Attenzione, non sto dicendo qui che vanno bene o male, ma solo constatando la realtà.
Tutto ciò ha rilevanza scientifica?
Mi verrebbe da dire che ha forse più una rilevanza sociologica o antropologica, ma dal punto di vista prettamente neuroscientifico quei dati e questi sistemi non aggiungono nulla a ciò che già sappiamo, ossia che profumi e odori influenzano il nostro umore e possono innescare diverse emozioni. Non ci dicono nulla sul meccanismo con cui questo avvenga, non chiariscono il perché un profumo piaccia più di un altro, o il perché e in base a quale meccanismo neuronale quella data fragranza piaccia.
E va bene così.
Queste tecnologie di mercato non devono rispondere a tali quesiti, di cui si occupa, invece, la comunità scientifica che lavora sull’olfatto, alle aziende interessa che “funzioni”, che quel nuovo profumo piaccia. D’altra parte, il mercato sempre più saturo e un pubblico sempre più esigenze costringe a cercare modi sempre nuovi per presentare i propri prodotti. Siamo in un epoca in cui il “scientificamente testato” per alcune cose ha ancora molta presa, anche perché si allaccia anche al filone wellness e benessere.
Domande da farsi di fronte a uno studio scientifico che testa le reazioni a odori/fragranze:
- Come è stato condotto l’esperimento? C’era un gruppo di controllo? E che controllo era? Di solito è difficile avere dei buoni controlli perché le persone gli odori li sentono oppure no, quindi bisogna testare diverse condizioni.
- Inoltre spesso non vengono testate più fragranze alternative.
- La domanda da farsi sarebbe, per esempio: con il profumo x hai osservato un effetto rilassante, ma hai provato a vedere se altre fragranze davano lo stesso effetto o uno simile?
A proprosito di wellness e profumi
Nel corso degli anni è stata creata una narrazione che confonde le acque e non rende a volte chiara la differenza tra il mantenersi “sani” e il “curarsi”. Si è finito per mettere sullo stesso piano ciò che è necessario affinché una persona si mantenga in salute, quindi attività fisica, alimentazione sana, buone relazioni sociali, pratiche come correre, passeggiare, prendersi cura di sè, con l’atto terapeutico vero e proprio, che è invece qualcosa di necessario o richiesto quando quello stato di salute e benessere si interrompe a causa di un disturbo o una malattia. Assistiamo così a una rimozione collettiva della malattia vera, ancora spesso considerata un tabù o qualcosa da negare, e alla paradossale promozione di attività “terapeutiche” per cose che sono invece legate al benessere e alla cura della persona sana.
Il comparto wellness e benessere è ancora per molti aspetti una prateria selvaggia, terra di conquista con una regolamentazione ancora ambigua, piena di zone grigie e affermazioni lanciate sul filo dell’ambiguità, in un gioco d’equilibrio tra claim accattivanti e attenzione a non finire sotto il radar della denuncia per pubblicità ingannevole.
La buona notizia è che, soprattutto in Europa, la regolamentazione legata ai cosmetici è chiara, e anche piuttosto restrittiva per quanto riguarda la sicurezza. Inoltre vi è una distinzione chiara tra farmaco e cosmetico: i farmaci per essere immessi sul mercato devono essere sicuri e aver dato prova di efficacia. Per i cosmetici è richiesto “solo” che siano sicuri e, anzi, non possono essere “efficaci” – come qualche claim a volte vorrebbe alludere – perché altrimenti dovrebbero essere classificati come farmaci.
I profumi sono cosmetici.
Quindi quando si legge che un profumo è stato “testato” scientificamente ed è efficace per modulare l’umore, calmare l’ansia o qualunque altra cosa, che significa?
Che il reparto marketing e quello creativo probabilmente hanno avuto molto da fare prima che quel prodotto entrasse in commercio.
Grazie per avermi seguita fino a qui in questo ragionamento che spero porterà a discussioni e che è solo il primo di una serie di approfondimenti che faremo. Intanto ti lascio digerire questo.
Alla prossima.
Appuntamenti e odorbilia
Dove mi trovate:
- In presenza terrò un laboratorio sul training olfattivo a Rimini, il 20 giugno. Le iscrizioni sono già aperte, ma i posti sono pochi…
- Il 21 e 22 giugno sarò al Nose Art Festival in Umbria dove terrò la conferenza di apertura e un workshop su odori e teatro-danza